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miss_preston
icon14  view post Posted on 21/4/2010, 12:21




Buon giorno a tutte! Come annunciato eccomi qui con una nuova fan fiction. Prima di oggi non avevo mai scritto nulla perchè ero convinta che il nostro adorato telefilm sviluppasse appieno tutte le possibili trame,realizzando i desideri delle fans. Io sono una fan accanita dei Chair e non ho mai sentito il bisogno di scriverci sopra perchè comunque le cose che vedevo in tv mi piacevano. Dagli ultimi due episodi non posso dire più lo stesso. Non fraintendetemi:sono state puntate bellissimo ma adesso vuoi per la rottura fra C e B,vuoi per la pausa di due settimane,mi ritrovo con qualche idea da sviluppare. Siamo un pò a un punto di cesura,un bivio nella relazione fra Chuck e Blair: quale momento migliore per provare ad azzardare qualche ipotesi di sviluppo? Ovviamente so già che l'idea che muove qst mia ff non verrà mai concretizzata sullo schermo (molte di voi,quando si renderanno conto di cosa parlo penseranno " e x fortuna") però la ff serve anche a questo,a fantasticare un pò... In ogni caso scrivere queste pagine è stato e sarà x me come colmare dei vuoit,quei momenti della trama lasciati opachi...quando da un episodio all'altro dicono che sono passate due settimane o un mese. Fine del mio lunghissimo preambolo. Spero che la storia vi piaccia. Posto il primo capitolo: BUONA LETTURA

Capitolo Uno

A Mezzogiorno i corridoi della New York Union erano brulicanti di studenti. A quell’ora si faceva la pausa pranzo e quindi i ragazzi si affrettavano a spostarsi a mensa o in qualche bar del circondario,per evitare la confusione e consumare il pasto staccando la mente dallo stress dello studio. Blair non amava moto quella parte della giornata,come tutti quei momenti che presupponevano una forma di aggregazione. Pur avendo trovato delle “ tirapiedi” che le facessero da “ dame di compagnia” al bar o in biblioteca,la ragazza si sentiva terribilmente sola. Forse il senso di abbandono era ulteriormente accentuato proprio in quei momenti,quando sedute al bar a consumare un’insalata o un tramezzino non si trovavano argomenti in comuni.
Blair e le altre uscirono dall’aula e si immersero nella folla,dirette verso l’uscita.
- Cos’è tutta questa marmaglia?- chiese lei con disappunto.
Una delle ragazze,piccoletta,scura e vestita in maniera perfettamente conforme al dress code imposto da Blair, si mise sulle punte per vedere meglio e poter dunque riferire.
-Pare che siano fermi alla bacheca…-
Blair sbuffò e liquidò la questione con un gesto della mano: - Già….staranno programmando l’ennesima festa dove imbottirsi di birra e stramazzare per terra fra pattume vario e mozziconi di spinelli…che schifo!- disse disgustata.
- Hai perfettamente ragione B.,un verso schifo- fece eco un’altra delle ancelle. Due alle spalle della “regina” si scambiarono una smorfia di scherno all’indirizzo di lei. In realtà non la sopportavano e lei in fondo lo sapeva benissimo,ma le facevano comodo per non fare la sfigura della sfigata in quei momenti in cui si presupponeva si dovesse stare in compagnia.
Le tre ragazze si diressero verso il bar all’angolo,l’unico che Blair tollerasse nel circondario. Era un venerdì di Aprile e il sole picchiava forte,Blair inforcò gli occhiali da sole in stile Jackie O. e partì a camminare ,seguita dalle “amiche fidate”.
La ragazza sospirò. Guardava la gente attorno a sé,i ragazzi che ridevano,tutti così semplici e tranquilli. Lei si sentiva tremendamente a disagio in quel contesto,lei che snobbava tutto quel vivere essenziale,la NYU e chiunque avesse potuto incontrare lì dentro. Aveva provato a imporsi e non era servito a nulla. Ripensò al primo giorno ma se ne pentì subito perché provò un colpo al cuore al ricordo. In quell’occasione Chuck era venuto sotto casa a salutarla. Lui ci aveva visto giusto su come sarebbero andare le cose. Ma non le importava più nulla della sua vita sociale all’università a quel punto,al meno non in quel fetido angolo di Brooklyn.
Di strada verso il bar incrociarono Dan e Vanessa,abbracciati,la coppia felice.
- Ciao- la salutò il ragazzo,incrociando il suo sguardo. Vanessa le fece un cenno. Blair fece un sorrisetto dei suoi,di quelli in cui curvava morbidamente le labbra alzando le fossette. Sembrava cortese ma era palesemente ipocrita. Non appena li ebbe superati alzò gli occhi al cielo e fece una smorfia.
Fortunatamente era venerdì,quindi sarebbe potuta tornare a casa per il week end. In quei giorni sua madre e Cyrus erano in città,quindi l’attico era più caldo e meno vuoto. Blair si stava godendo i suoi. Non si era confidata con sua madre ma era confortante sapere che comunque ci fosse,anche solo per farsi abbracciare e piangere sulla sua spalle. Erano trascorse due settimane dal matrimonio di Dorota,dalla “ fine” fra Blair e Chuck.
Nei primi due giorni non si era capacitata della situazione. Si era sentita chiusa come in una bolla,forse perché c’era ancora molta confusione a casa,anche a seguito dei festeggiamenti. Dorota era partita in viaggio di nozze con Vanya. C’era il rischio che il bambino nascesse a Bucarest.
Dopo il primo momento di straniamento,quando le luci si erano spente e la vecchia vita fra college e Ues nel week end era ripresa,Blair aveva iniziato a sentire il dolore. Il rubinetto si era come aperto.
Aveva realizzato la perdita di Chuck. La prima volta era stato due lunedì prima,quando,tornando al dormitorio,era passata in limousine sotto l’Empire. In quel momento aveva provato una fitta al cuore. Come tutte quelle avute nei momenti in cui la città o la sua mente stessa le davano spunti per ricordare.
“ Perché tu credi in me”. Le aveva detto in quel lontano giorno di autunno Chuck,quando le aveva mostrato il suo nuovo investimento. Ricordava ancora il suo sorriso fiducioso,la bottiglia di champagne nascosta dietro l’albero. “ Andiamo a battezzare la mia eredità”. Si era ricordata di come quel luogo fosse diventato la loro casa,con le loro foto in soggiorno. Una foto in particolare che ritraeva entrambi,accanto a una cornice con l’effige di Bart. La famiglia di Chuck. “Ti amo e sarò sempre la tua famiglia”.
Quella storia stava diventando un terremoto emotivo. Blair di giorno conduceva la solita esistenza,studiando molto e evitando gli eventi mondani per quanto poteva. Voleva evitare di incontrare Chuck. Per quanto ne sapeva dai flash di Gossip Girl,neppure lui si vedeva tanto in giro ma sicuramente aveva ripreso la sua carriera da donnaiolo e bevitore incallito. Ci aveva pensato la nostra Blair al fatto che qualche donna poteva essere entrata in casa “loro” e aver fatto sesso con lui nel “loro “ letto. Era difficile tutto. Era difficile e Blair piangeva ogni notte. A volte anche di giorno. Perché pensava a lui,sentiva fitte di gelosia,soffriva al ricordo di tutta quella situazione schifosa che si era creata con Jack,pensava a Chuck che l’aveva “venduta” e a sé stessa che aveva accettato, pensava al fondo che avevano toccato insieme,a quelle ultime struggenti ore alla festa. Rivedeva Chuck sparire con la stangona bionda. Non lo vedeva da quella sera.
A volte poi,i ricordi si facevano ancora più pesanti. Perché si metteva a pensare a un passato ancora più lontano,ai tempi del liceo,alla lontana notte del Victrola che aveva cambiato tutto. Blair si era ritrovata più volta a stare malissimo nel ripercorrere il loro amore dagli esordi,perché si rendeva conto che quello che avevano vissuto era talmente forte da non potersi sopportare,soprattutto nella perdita. Il suo cuore non ce la faceva.
Blair pensava al tempo che scorreva,a come erano cambiati entrambi negli anni. E lì si giungeva al motivo cruciale della rottura,il cambiamento,gli obbiettivi,l’importanza di crescere e di affermarsi come persona,il perseguire un certo modo di essere. Blair sapeva di essere il prodotto di quei due anni,che la storia con Chuck l’aveva molto cambiata. Si era più volte chiesta come sarebbe potuto essere se lei e Nate non si fossero mai lasciati,se non fosse successo quella sera o se comunque lei avesse deciso di stare a casa,di non andare dal suo “amico” Chuck. Ma in quella lontana sera di Novembre lei aveva deciso di salire sulla limousine che Chuck aveva mandato per Nate e di andare alla festa, e quella decisone più o meno casuale aveva cambiato tutto.
- Blair…cosa prendi?- le chiese una delle ragazze. Si era distratta. Non si era neppure resa conto di essere giunta al bar o meglio,aveva eseguito tutto meccanicamente,senza né collegare né pensare al senso delle proprie azioni. Le succedeva spesso di quei tempi.
- Oh,sì…mi ero distratta…cosa avete oggi di preciso?- chiese al cameriere. Quello sbuffò:- L’ho già detto due volte alle tue amiche-
Blair lo fulminò.
In primis aveva sbuffato,in secondo luogo era stato scortese e infine non le aveva dato del lei. La ragazza accarezzò l’idea di adirarsi e di sfogare la frustrazione sul povero malcapitato. Per un attimo pensò che avrebbe potuto chiedere di parlare con il titolare,di piantare una grana assurda,di farlo riprendere,ma poi decise di lasciare stare. Non aveva l’energia neppure per quello. Stava perdendo smalto,non c’erano dubbi.
- Abbiamo Caesar salad,club sandwich,toast al prosciutto,hamburger e patatine fritte oppure lasagne alla bolognese- elencò pigro:- vuoi anche il menu dei dolci?-
- No- cinguettò lei dopo aver scoccato un sorrisetto feroce,poi aggiunse fra i denti:- un menu che neppure da Pastice insomma-
- Quindi?-
Blair arricciò il naso. Le faceva schifo ogni singola portata.
- Portami un caffè con latte scremato e zucchero di canna a parte- sentenziò. Quello la guardò dubbioso.
- Allora?- fece con un tono lievemente isterico. Il cameriere sobbalzò:- Ok,ok…caffè con latte scremato amaro e…-
- …zucchero di canna…- aggiunse Blair con finta condiscendenza. Sbuffò ancora e si girò dall’altra parte e canticchiò:- Incompetenza,incompetenza…-
Il ragazzo finì di raccogliere le comande e si spostò agli altri tavoli.
- Voi cosa avete preso?- chiese alle altre anche se onestamente non gliene sbatteva più di tanto.
- Come te…in tutto quattro caffè amari-
Blair sorrise e fece segno di assenso con il capo,si passò pigramente una mano sul collo e soggiunse:- Ovviamente-


Era pomeriggio inoltrato quando la limousine nera accostò a pochi passi dal palazzo di Blair. La ragazza ficcò il cellulare nella sua Dior bianca e attese che le aprissero la portiera,mise il piedino calzato Loubotin sul marciapiede e si tirò fuori dall’autombile. Blair inspirò l’aria densa e umida di quella fresca sera primaverile e sospirò: era a casa.
La ragazza si incamminò verso l’interno,fece un cenno al portiere e si diresse verso l’ascensore. I tacchi che facevano rumore nell’atrio. La prima differenza che coglieva tornando a casa era il non dovere fare nulla. alla NYU era diverso,soprattutto in questo periodo di vacanza di Dorota. Era costretta a prendersi cura,seppur minimamente,del proprio guardaroba, si ritrovava a fare la fila per il caffè. Un paio di volte si era anche rifatta il letto,esperienza che l’aveva segnata. Qui le aprivano anche lo sportello della macchina e ,non di rado,c’era persino uno stuart che pigiava i bottoni dell’ascensore in sua vece.
Adesso che era a casa si sentiva un po’ meglio. Certo,quel venerdì sera non sarebbe uscita ma il giorno dopo avrebbe visto Serena e avrebbero parlato. In quel periodo Serena era stata un po’ assente a causa di tutto il casino che era successo con suo padre e delle conseguenti incomprensioni con Nate. In realtà i due ragazzi erano un po’ freddi. Blair scosse la testa: erano tempi duri per il breakfast club non giudicante!
-Mamma…Cyrus…- chiamò Blair a gran voce,non appena fu in soggiorno. Nessuno rispose. Blair lo sentiva quando c’era qualcuno a casa,si era proprio allentata in questo,come un cane da fiuto. Era sicura di essere sola ma chiamò ancora. Nessuna risposta. La ragazza sospirò. Dovevano essere fuori. Appoggiò lo borsa sulla consolle dell’ingresso,si tolse il soprabito e lo buttò malamente su una poltroncina poco lontana,dopodiché si diresse verso l’ampio finestrone. La città era bellissima e piena di luci. Era venerdì sera e la gente stava fuori a vivere mentre lei si trovava da sola confinata in casa. Sentì come un groviglio allo stomaco e istintivamente guardò verso la zona di Manatthan dove sorgeva l’Empire. Chissà cosa stava facendo lui? Ci penso su. Forse doveva iniziare a convincersi di non volerlo sapere. Quella situazione,fra gli innumerevoli lati negativi,aveva avuto anche l’effetto di ricordarle quanto fosse sola. Blair non aveva amici e non se ne era resa conto prima di quel momento. Al liceo era stato facile: lei era la Regina,si faceva comunque gruppo,c’erano feste e un vero club di tirapiedi di tutto rispetto. E comunque bisognava dire che negli ultimi mesi lei,a causa dei pensieri per Chuck e per la mancata ammissione a Yale,si era molto isolata. Dopo il liceo Blair non aveva avuto modo di rendersi conto di non avere più nessuno. Si era buttata nella storia con Chuck e c’era stato sempre e solo lui. Adesso l’unica persona su cui contare era Serena che,fra l’altro,aveva Nate e un groviglio di problemi familiari da risolvere. La mora si compatì da sola. Era davvero penoso non avere nessun altro da chiamare. Certo,in quel periodo non le dispiaceva evitare i luoghi di possibile incontro con Chuck,ma nel contempo le sarebbe piaciuto mettersi in ghingheri,uscire e andare a bere qualcosa in un bar,come ai vecchi tempi dell’adolescenza. Blair sorrise tristemente ripensando a quei quindici anni,ai problemi apparentemente insormontabili ma in realtà futili,se paragonati a quel presente. Ripensò a quando lei e Serena se ne andavano a bere in giro accompagnando il tutto con qualche sigaretta e sentendosi molto trasgressive. Ironia della sorte,adesso che poteva andare dove voleva,Blair non aveva nessuno con cui andare. Stava rimandando il problema,ma era evidente che si sarebbe dovuta dare una mossa per uscire e riprendere a frequentare il mondo civile.
Nel frattempo decise di prepararsi un drink da bere in salotto,seduta sul divano e a luci spente. Ci fu l’ennesimo amaro sorriso a seguito di un ricordo. I drink che le preparava Chuck con il suo tocco da maestro. Quanti ne avevano potuti bere durante l’inverno appena passato! Blair scappava dalla Union all’Empire appena poteva arrivando alle otto e mezza di sera. A volte trovava Chuck,altre arrivava lui un po’ dopo. Il ragazzo la baciava,si toglieva giacca e cravatta,allentava i bottini della camicia e si metteva a preparare i cocktails,chiedendole e raccontandole della giornata.
Blair sapeva fare bene solo il Martini Cocktails quindi si preparò quello e lo andò a consumare in salotto come deciso. Boccheggiò dopo il primo sorso. Le era venuto forte. Continuò a bere nella stanza buia,in quel salotto di un attico deserto. Le sole luci era costituite da quelle provenienti dall’esterno. Gli unici rumori erano quelli del traffico e dei pochi gesti della ragazza. Blair sorrise ancora. Questa volta con tenerezza. In quel momento,bevendo da sola,si sentiva molto Chuck.
 
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queenB.
view post Posted on 21/4/2010, 12:56




Bellissimo mi è piaciuto moltissimo! veramente bello... aspetto il prossimo capitolo ci conto!=D
Xoxo V
 
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chair94
view post Posted on 21/4/2010, 13:44




davvero bello! mi piace molto come descrivi lo stato d'animo di Blair.. continua presto sono curiosa!!!
 
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Queen F.
view post Posted on 22/4/2010, 00:15




ci voleva proprio una ff su quello che sta succedendo a chair...spero che il tuo finale sia lieto per i due perchè da quello che si prevede nella fiction non sarà tanto positivo...continua al più presto...
 
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queenB.
view post Posted on 22/4/2010, 12:37




CITAZIONE (Queen F. @ 22/4/2010, 01:15)
ci voleva proprio una ff su quello che sta succedendo a chair...spero che il tuo finale sia lieto per i due perchè da quello che si prevede nella fiction non sarà tanto positivo...continua al più presto...

Concordo pienamente!!! Spero comunque ke nella quarta stagione di gossip girl ci potrà essere
qualcosa di più positivo per loro due!!...
 
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chair94
view post Posted on 25/4/2010, 23:52




ma non continui? please mi piaceva davvero tanto come avevi iniziato!!!!!!
 
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miss_preston
view post Posted on 26/4/2010, 21:40




grazie x i commenti ragazze,sono contenta che la storia vi stia piacendo. Purtroppo non posso postare in modo molto costante perchè ho impegni vari...stasera però ho completato il secondo capitolo: un capitolo un pò di raccordo che dovrebbe servirci (insieme al successivo) a introdurci al cuore della storia...sxo che vi piacerà.

Capitolo due

L’indomani mattina Blair si svegliò alle dieci in modo da avere il tempo per prepararsi all’appuntamento che lei e Serena si erano date per le undici direttamente al locale scelto. Blair rimase per qualche minuto sotto le coperte,destandosi gradualmente e riflettendo sui primi pensieri che le passarono per la testa: se avrebbe trovato Eleonor a casa,cosa indossare per quell’appuntamento,se andare a piedi visto che il locale si trovava vicino a casa sua o far chiamare una macchina. In realtà un pensiero alleggiava minaccioso sopra di lei che tuttavia aveva imparato a non verbalizzarlo,vivendolo semplicemente sotto forma di un groviglio fra pancia e cuore. Era come un cancro che le si era annidato alla bocca dello stomaco e lei ormai ci conviveva, confidando nel fatto di riuscire a sradicarlo prima o poi.
Decisa a combattere contro i propri fantasmi,la ragazza scansò le coperte e saltò giù dal letto,predisponendosi ad affrontare la nuova giornata. Non che si sentisse particolarmente energica: in quel periodo non aveva voglia di nulla ma ,visto che la sua scelta di troncare era stata motivata da un istinto di autoconservazione,le sembrava quanto mai incoerente lasciarsi andare. Era convinta che vivere fosse un dovere verso sé stessa.
Blair agguantò la vestaglia e la indossò per poi dirigersi verso il bagno. Si guardò allo specchio,sorrise sardonica alla propria immagine,alla propria parodia di normalità. Per lo meno quella mattina aveva la prospettiva di qualche piacevole o comunque confortante ora in compagnia di Serena.
Alle undici meno un quarto Blair era vestita di tutto punto,aveva fatto chiamare la macchina e si stava dirigendo verso il soggiorno,per poi uscire di casa. Non aveva fretta. Se non altro perché Serena era sempre un po’ in ritardo.
Dalla scalinata la ragazza intravide sua madre che, con gli occhialetti da presbite in bilico sul naso,stava leggendo qualcosa seduta in soggiorno. Udendo il rumore dei passi della figlia, Eleonor alzò lo sguardo.
- Blair,buon giorno- la salutò. Blair rispose laconica:- Ciao mamma- non le aveva perdonato di non essersi fatta trovare in casa la sera prima.
- Stai andando da qualche parte?- le chiese la donna,avendo notato la borsa appesa al braccio. Blair annuì:- Mi vedo con Serena-
- Salutamela allora. Torni per pranzo?-
Blair arricciò le labbra:- Non credo,sicuramente mangio qualcosa con lei e torno più tardi-
- cosa dovrà fare una madre per stare in compagnia della propria unica figlia! Non ci siamo viste per mesi,studi fuori e quando torni per il week end sparisci per giornate intere!- si lamentò la donna. Blair sospirò e rispose acidamente:- Ieri sera io sono tornata presto,eri tu a non esserci-
Eleonor abbassò il bozzetto che,armata di matita affilata,stava risistemando, si tolse gli occhiali con un gesto teatrale e parlò:- Ero fuori con Cyrus,abbiamo avuto un impegno imprevisto e tu non puoi essere sempre così capricciosa-
Blair scosse la testa:- Così capricciosa? Io?- chiese scandalizzata,poi aggiunse,con un’espressione di rammarico:- vedo che il nostro rapporto fa un passo avanti e dieci indietro…-
- sei tu a fare un passo avanti e dieci indietro Blair: certi giorni mi sembri tanto maturata,altri ti vedo regredita-
La ragazza si sentì prendere da una vampata di collera e disappunto: in quei momenti le tornavano in mente tutti i vecchi conflitti e le veniva voglia d rinfacciare. Per non andare lontano: non era stata lei ad andarsene a Parigi con il marito senza preoccuparsi minimamente di lasciare una figlia diciottenne a New York! Ok. Forse stava esagerando ,perché effettivamente sua madre l’aveva vista equilibrata,impegnata con il college e aveva anche tutto il diritto di farsi una vita,come lei stesse stava facendo,ma le dava fastidio sentirsi rimproverare per un improbabile assenteismo dal focolare domestico.
- Mamma. Non voglio rovinarmi la giornata,né litigare con te. Sono in ritardo all’appuntamento con Serena ma vorrei solo puntualizzare che tu forse,nel tuo infinito acume,non ti sei resa minimamente conto che io ora come ora sto vivendo un momento delicato-
La donna la guardò contrita:- Hai rotto con Charles,lo so e mi dispiace. Blair,non sai quanto. So quanto contava lui per te e quanto hai lottato per costruire una relazione con lui ma come posso aiutarti o capirti se tu non fai altro che dissimulare,se non mi dici niente?-
Blair scosse la testa. Questo era il colmo! Fra l’altro,ammesso e non concesso che avesse deciso di confidarsi con sua madre ( cosa che comunque non sarebbe successa),sicuramente non sarebbe potuta partire dal punto in cui Chuck barattava i “ servigi di lei “ a Jack Bass in cambio dell’Empire!
- Lasciamo stare mamma…adesso devo andare-
- Già,lasciamo stare-
Blair aprì il guardaroba e prese uno spolverino beige.
Si sentiva stanca mentalmente e non era neppure un’ora che la giornata era iniziata.
- Ci vediamo- disse entrando nell’ascensore.
- Ciao Blair- il saluto di Eleonor fu più un sospiro. La donna riprese in mano lo schizzo che stava esaminando e inforcò gli occhiali. Sentiva un groppo alla gola e un senso di ansia,di malinconia. Blair non poteva immaginarlo ma anche lei stava molto male. Eleonor era preoccupata per la figlia. Pur non conoscendo tutta la storia,stava ugualmente in ansia. Forse perché il suo istinto di madre la portava a fiutare la sostanza delle cose. E quello che percepiva non le piaceva per niente. Benché cercasse di farsi forte,Blair era a pezzi e la signora Rose lo sapeva benissimo.

Serena era ferma davanti al ristorante e ,non appena vide Blair,la salutò con un cenno della mano e un bel sorriso. Le due ragazze accelerarono un po’ il passo e si fecero l’incontro.
- Blair,buon giorno!- esordì la bionda,abbracciando l’amica. Blair strinse Serena a sua volta:- Ciao Serena…non mi dici niente sul fatto che sono in ritardo?-
Le due ragazze si discostarono,Serena finse di pensarci su:- Già…sei in ritardo,vorrà dire che per le prossime due volte non potrai dirmi nulla…-
Blair fece una faccia scandalizzata:- Ma se sono diciotto anni che arrivi sempre in ritardo ai nostri appuntamenti- rispose,mentre si avviavano verso il ristorante. Serena sorrise:- Tu però mi aspetti sempre-
- Lo so…- sospirò Blair- sono troppo buona e tu te ne approfitti…e non solo arrivando in ritardo,ma anche sparendo del tutto-
- Io non sono sparita!- esclamò Serena. Blair le rivolse un’occhiata ironica,con tanto di sopracciglio inarcato.
- E va bene…forse per un po’…ma non sai cosa mi è successo!-
- Me lo dirai o hai intenzione di giocare a fare la donna misteriosa come fai ormai da mesi?- chiese Blair,appendendo la borsa alla sedia.
- Sì,credo proprio che te lo dirò…anzi,sono è una delle cose di cui vorrei parlare questa mattina- rispose Serena togliendosi il cappotto.
- Bene- disse Blair prendendo posto- credo che ci aspettino ore dense di chiacchiere-
Serena sospirò.
- Sapessi…-
- Hai chiarito con Nate?-
Serena si passò le mani fra i capelli e gettò uno sguardo carico di sconforto oltre la vetrina.
- Non è una bella situazione. Non si comporta come se fossimo lasciati anzi,fa finta di nulla,chiama poco e inventa mille scuse per non vedermi,non so cosa fare-
Blair annuì. Era difficile districare le situazioni degli amici,soprattutto quando si avevano tanti problemi per parte propria ma,visto che la storia di Serena sembrava al momento più salvabile della sua,valeva la pena di spremere le meningi.
- Certo…poi forse tu non ti senti pronta per parlargli della situazione con tuo padre…-
Serena annuì:- Lì ci sono altri problemi…e infatti sono confusa per quello che ho visto e sentito: ho discusso anche con mia madre e sono piena di emozioni e non so fino a che punto ne voglio parlare con Nate-
Blair arricciò le labbra,pensierosa:- Il punto della questione è proprio questo: parlarne con Nate. Tu ti trovi di fronte a una scelta: se vuoi stare con lui devi aprirti,rivelargli i tuoi sentimenti e le tue debolezze su tuo padre e dargli fiducia-
Serena guardò l’amica con un’espressione fra lo scettico e lo stupito:- Blair ,tu lo faresti? E soprattutto…da quando non mi proponi di risolverla con un giochetto macchinoso?-
Blair corrucciò la fronte e rispose,scherzando:- Io non uso giochetti macchinosi!-
Serena inarcò il sopracciglio. Blair sospirò:- Forse qualche volta-
L’amica scosse la testa,poi arrivò il cameriere per prendere le loro ordinazioni.

 
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chair94
view post Posted on 26/4/2010, 22:11




bel capitolo! *__* posta presto il prossimo! =)
 
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Queen F.
view post Posted on 27/4/2010, 08:58




mi intriga tanto questa storia...mi dispiace vedere blair così triste....
 
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queenB.
view post Posted on 27/4/2010, 10:53




bello qst capitolo al prossimo!!
BAciniii V
 
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Jckie
view post Posted on 27/4/2010, 19:18




Molto interressante come storia! Non vedo l'ora di leggere il proseguo..
 
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miss_preston
view post Posted on 4/5/2010, 18:51




Buona sera a tutte. Vi ringrazio per come state continuando a seguirmi. Avevo avvertito che non sarei potuta essere assidua nel postaggio,ma non ho nessuna intenzione di smettere quindi,con un pò di ritardo,ecco l'aggiornamento...

CAPITOLO TRE

Blair ripose la busta con i leggins plastificati e la maxi camicia stampata di Vanessa sulla poltrona a fianco della porta. Si sentiva decisamente troppo stanca per riconsegnare l’outfit peggiore che avesse mai indossato alla sua legittima proprietaria,tanto più che c’era il rischio di beccare la suddetta con il fidanzato in atteggiamenti intimi,il che sarebbe stato fin troppo per i già duramente provati nervi di Blair. La ragazza si diresse in bagno per struccarsi,attività che l’avrebbe impegnata almeno per venti minuti,visto che era solita farlo con accortezza e stendere sul viso svariate creme che preservassero la freschezza della sua pelle. Poi avrebbe potuto dormire. Quella serata era stata molto importante e quello che aveva detto a Chuck l’aveva convinta e toccata. Era stato liberatorio parlare con il ragazzo e Blair,adesso,sentiva di non aver perso quei sentimenti esposti a lui,di non aver parlato solo per ripicca ma con sincerità. Rompere era dura,trovarsi sola e senza giochetti ai quali aggrapparsi era peggio. La ragazza aveva concluso che molto spesso aveva usato le ripicche per evitare di affrontare il dolore,per non separarsi del tutto. Ma staccarsi,decidere di andare avanti senza vendette,quello era decisamente più difficile,quello era il vero atto di coraggio. Ma a diciannove anni passati,Blair aveva deciso che era ora di crescere un po’ e di rompere i vecchi schemi adolescenziali.
Malgrado tutto Blair si sentiva positiva,credeva in sé stessa e aveva voglia di andare avanti,di affrontare la nuova sfida che la vita le stava tendendo. Forse ci sarebbero stati dei momenti no,ma lei li avrebbe superati e sarebbe andata avanti,si sarebbe migliorata e magari avrebbe trovato qualcun altro. Lo aveva detto anche a Chuck: quando avrebbe baciato qualcun altro lo avrebbe fatta solo per sé stessa e per nessun altro motivo. Anche se in quel momento a Blair risultava difficile immaginarsi con un nuovo ragazzo,anche se non aveva voglia di baciare nessuno. Ma forse anche quello era normale. Le cose sarebbero cambiate.
La ragazza spense la luce del bagno e tornò in camera da letto,si mise sotto le coperte che tirò su fino a sotto il mento. Blair non chiuse gli occhi ma rimase ancora un po’ sveglia in quella stanza silenziosa. Non era tutto buio perché le luci filtravano dalla strada. La ragazza poteva ancora distinguere le ombre dei mobili e intravedere qualcosa oltre la porta del bagno. Aveva sempre sentito quella stanza estranea,mai veramente sua. Lei odiava la NYU e infatti era sempre scappata quando era stato possibile. Certo,in quei mesi ci si era abituata,ma sempre in modo relativo. Ora che il rapporto con Chuck era finito,niente la teneva più legata a New York. Sicuramente lì aveva le sue radici,ma l’idea di Blair non era andarsene del tutto,andarsene per sempre. In realtà,da qualche giorno,la ragazza stava accarezzando un vecchio progetto,anche se sarebbe stato molto difficile da realizzare. Nella penombre della propria stanzetta di quell’edificio di Brooklyn,Blair ammise a sé stessa e per la prima volta quello che ancora aveva solo pensato nel proprio inconscio. Voleva provare a chiedere il passaggio a Yale per l’anno accademico successivo. Era in regola con gli esami e la bufera con la Carr era oramai un ricordo. Da lì a pochi mesi si sarebbe finito l’anno,doveva solo prendere contatti con il prestigioso college e informarsi. La ragazza non era del tutto ottimista sulla riuscita del piano. Non era come passare a un altro college e quello che lei stava facendo suonava come un aggiramento dell’ostacolo. Eppure Blair voleva tentare.
La ragazza sbadigliò. Era ora di dormire adesso. L’indomani avrebbe pensato a tutto: in primo luogo una telefonata a sua madre per esporle tutto e in secondo luogo una cernita delle persone con le quali prendere contatto per avere una mano. Anche se,effettivamente, Blair sapeva bene chi sarebbe potuto essere il vero passaporto per Yale. Monisieur Davies,il presidente de la Table Elitaire. Ottenere l’appoggio di quell’uomo era tuttavia impossibile,tanto più che lei aveva bruciato l’unica occasione avuta. Meglio tentare per altre via. Dopotutto lei era sempre Blair Waldrof, la donna dalle mille risorse.

Il giorno dopo Blair si svegliò di buon mattino,si preparò con cura,prese la borsa dei libri e corse incontro al proprio destino. Era una bella giornata di primavera e l’aria a New York- fatta eccezione per l’inevitabile percentuale di smog- era profumata. Blair fece colazione nella sua caffetteria preferita con caffè nero con latte scremato e una macedonia di frutta leggendo qualche articolo dal Times e senza dimenticare di mandare un sms alla madre per chiederle di farsi sentire appena il fuso orario glielo consentisse. Il resto della mattinata trascorse al meglio fra una lezione di letteratura inglese e un’ora di esercitazione di dibattito,attività nella quale Blair brillava particolarmente. Ritemprata dal fatto di aver portato la vittoria alla propria squadra,ma contrariata perché nessuno dei compagni aveva mostrato il minimo segno di apprezzamento o gratitudine, Blair stava uscendo dall’edificio delle lezioni per dirigersi al bar per pranzare insieme al solito manipolo di tirapiedi. La ragazza era in cima alle scale quando alzò lo sguardo dalla schermata del suo smart phone- tramite il quale stava scrivendo un messaggio a Serena- per vedere qualcosa che la lasciò di sasso.
Blair non si sarebbe mai aspettato di vederlo lì,anzi,a essere onesta non credeva che lo avrebbe rivisto tanto presto. Non che lo volesse rivedere,anzi. La sua visione turbò quella poca serenità che era riuscita a trovare nelle ultime ore e la riempì di rabbia e di disappunto per l’impudenza e la mancanza di rispetto dimostrate da lui nel farsi vivo così. La ragazza decise che non si sarebbe arrabbiata,che non avrebbe attraversato la strada andando incontro a quell’individuo per aggredirlo a pochi passi dalla sua limousine,dicendogliene di tutti i colori su quanto lo disprezzasse e lo odiasse. No. Blair decise di mostrarsi indifferente,tanto più che adesso i loro sguardi si erano incrociati e lui l’aveva vista e le stava facendo un cenno di saluto che tanto somigliava a uno sberleffo. La ragazza inspirò e espirò profondamente,contò prima fino a tre,poi fino a dieci e infine di decise a scendere le scale e a prendere per il marciapiede. Costretta a passargli accanto,lo avrebbe ignorato.
E Blair gli passò accanto. La gente camminava per il marciapiedi,era tutto un caos e un vociare,le macchine e i clacson creavano confusione,il tempo era quello tipicamente caldo di Maggio.
Blair non vide il suo ghigno quando gli passò accanto,ma era sicura che lui la stava guardando e prendendo i giro. Si costrinse a ostentare dignità e indifferenza. Era quasi passata quando si sentì applaudire. Era lui.
- Brava…davvero- fece Jack continuando a battere le mani- perfetta interpretazione di indifferenza-
Blair si rassegnò a voltarsi. L’uomo era lì,appoggiato alla lunga automobile nera e con quel sorriso sfottente. Blair avrebbe voluto piantare a quell’uomo uno schiaffone talmente forte da farlo finire spiaccicato al muro,ma forse quella non era la soluzione migliore,così sorrise falsa:- Jack…non ti avevo visto…-
- Già,non mi avevi vista prima o dopo aver inviato l’sms che stavi scrivendo uscendo dall’edificio?- gli chiese divertito. Blair sospirò e parlò con un tono palesemente isterico:- Jack,cosa ci fai qui e cosa vuoi?-
- Chi ti dice che sia qui per te?-
Blair si portò una mano al fianco e con l’altra accompagnò le sue parole:- Forse il fatto che dovresti essere in Australia e invece sei a New York,per di più a Brooklyn,posto dove io stessa non sto più delle ore strettamente stabilite dal mio piano di studio…- rispose ironica. La ragazza sbirciò intorno a sé: più di uno studente aveva notato la limousine ferma davanti all’edificio e lei e Jack che parlavano. Per la prima volta in vita sua desiderò di non essere al centro dell’attenzione e soprattutto che non ci fossero telefoni dotati di fotocamere e collegamento a internet nei paraggi.
- Sei sempre divertente…- commentò Jack.
Blair non rispose,limitandosi a guardalo con aria esasperata. Non vedeva l’ora che quella conversazione si concludesse. Lui parve intercettare quei pensieri.
- Se non vuoi che qualcuno ci veda possiamo andarcene- suggerì
Blair divenne livida in viso:- Jack Bass,hai finito di stufarmi per oggi…piombi qui senza essere invitato,dopo avermi devastato la vita e senza un motivo apparente,sostieni con me una pseudo conversazione immotivata e hai persino l’ardire di chiedermi di venire via con te!-
L’uomo alzò le mani come a bloccarla:- Calmati,stai facendo tutto tu…non ti arrabbiare. Mi trovato a New York per caso e ho pensato di venire a trovare una vecchia amica…-
La ragazza si sentiva sempre più esasperata. Era chiaro che stava mentendo,non poteva essere così folle da parlare seriamente.
- Jack,tu abiti dall’altra parte del mondo e io non sono una tua amica,se per caso te ne fossi dimenticato…-
L’uomo annuì,con l’aria di chi la sapeva lunga:- A proposito: come va con mio nipote?-
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
- Addio Jack,non so perché ho perso tutto questo tempo con te…- tagliò corto rimettendosi a camminare.
- Scusa,non volevo toccare un tasto dolente…- le urlò dietro,fingendosi dispiaciuto ma non smettendo di sorridere.
Blair accelerò il passo verso il ristorante,ma da lì a pochi secondi sentì il motore di una macchina un po’ troppo vicino. Non ebbe neppure il tempo di voltarsi che sentì ancora la sua voce.
- Lo hai lasciato tu,vero?- gli chiese Jack,affacciato dalla limousine che procedeva a passo d’uomo costeggiando il marciapiede.
- Sparisci Jack…-
- Lo hai lasciato perché hai finalmente capito di che pasta è fatto…comprensibile…- considerò Jack,grattandosi la barbetta con aria pensierosa e ignorando i toni poco concilianti di Blair.
- Sei molto peggio tu-
- Come sei melodrammatica,io ho solo contribuito ad aprirti gli occhi,non mi sei grata?-
Blair alzò gli occhi al cielo:-Grazie Jack,grazie di avermi fatto capire che stavo perdendo tempo appresso all’uomo sbagliato-
- Uomo,che parola grossa…-
Blair sbuffò:- Mi stai stufando Jack,ma non hai meglio da fare che rovinarmi la pausa pranzo?-
- Ma io ero venuto proprio per invitarti a pranzo!-
- Per togliermi l’appetito semmai…-
- Non fare così la difficile: guarda,ti porto in un ristorantino di pesce qui vicino,pranziamo insieme,ci facciamo una bella chiacchierata insieme e ti riporto a scuola in tempo per la lezione del pomeriggio…- elencò lui,con quel solito tono che dava tanto sui nervi a Blair. La ragazza si bloccò di colpo e allora Jack fece cenno all’autista di fermarsi. Blair si chinò verso di lui:- Se non vuoi che ti picchi,lasciandoti mezzo morto all’interno di questo carro funebre,lasciami in pace,subito- sibilò la ragazza.
- Che aggressività!- commentò Jack- mi piacciono le donne aggressive-
- A te piace qualunque cosa respiri,in ogni caso credo che questa conversazione sia estremamente fuori luogo,visto che sono successe cose davvero gravi fra di noi e tu ti dimostri oltremodo irrispettoso vendendo qui a batter cassa-
- Batter cassa? Il che implicherebbe un conto in sospeso…non vorrai forse dire che…- disse Jack,in modo vagamente malizioso. Blair lo fulminò:- Punto primo: mi hai detto che vuoi solo donne consenzienti ,il che non è palesemente il mio caso; punto secondo: credo di aver già scontato abbondantemente il mio debito verso di te e punto terzo: non farti mai più vedere da queste parti!- concluse,prima di allontanarsi di botto dalla macchina e di mettersi quasi a correre verso il pub.
- La seguo?- chiese l’autista a Jack.
- No,per oggi può bastare…- rispose l’uomo,limitandosi a osservare Blair che fuggiva via da lui.

Non appena fu al sicuro dentro il locale,Blair si fermò e si appoggiò al muro. Aveva ancora il fiatone. Rimase per qualche secondo a normalizzare il respiro,poi alzò lo sguardo e vide le sue colleghe che la osservavano. Le avevano occupato il solito posto accanto alla vetrata. Blair fece cenno che stava per arrivare. La ragazza sbirciò attraverso la tendina: la limousine stava facendo la curva. Jack se ne era andato e Blair si diresse verso il tavolo.
- Come mai hai perso tutto questo tempo?- le chiese una delle ragazze,non appena fu a portata di voce. Blair la fulminò ma evitò di rispondere che lei non rendeva conto a nessuno di come spendeva il suo tempo.
- Avevo perso il libro di francese- rispose senza perdere energia per elaborare una scusa più credibile. Le altre la guardarono con poca convinzione ma non indagarono ulteriormente.
Le quattro studentesse si scambiarono qualche parola mentre aspettavano il cameriere,Blair era poco partecipe.
Cosa voleva Jack? E perché era venuto? Sicuramente c’era qualcosa sotto. Non poteva credere che si fosse fatto dodici ore di volo per venire da lei,fingendo di volerla invitare a pranzo. Blair rifletté. Si sentiva il sangue ribollire nelle vene e un senso di panico generale in corpo. Doveva calmarsi perché non poteva rischiare di ammalarsi a causa di quel bellimbusto.
Arrivò il cameriere,Blair ordinò solo un bicchiere di vino rosso perché non aveva fame ma sentiva il bisogno di qualcosa che la facesse calmare. Più tardi,sorseggiando la bevanda scura,la ragazza decise di convincersi che Jack si era trovato a New York per qualche affare e che ,avendo un’ora libera,aveva pensato bene di venire a farle i dispetti. Non c’era nessun intrigo dietro,niente da temere. Quell’uomo non le avrebbe più fatto del male.
 
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chair94
view post Posted on 4/5/2010, 19:36




ma che vuole ancora Jack! continua appena puoi sono curiosa! x)
 
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Queen F.
view post Posted on 5/5/2010, 13:36




jack già in questo periodo non lo sopporto prio ma anche in questa ff non scherza proprio, mi da nausea...
 
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miss_preston
view post Posted on 6/5/2010, 13:20




aggiornamento ^^^


Capitolo quattro


Qualche giorno dopo Blair stava passeggiando con Serena per Central Park. Era un bel pomeriggio caldo e le due ragazze passeggiavano per il parco sorseggiando i loro caffè Starbucks. Blair non aveva accennato alla sua amica della comparsa di Jack alla NYU,in realtà non ci stava più pensando da un pezzo.
- Come vanno le cose con Nate?- chiese Blair a Serena.
- Meglio. Ho fatto come mi hai suggerito tu e gli ho parlato…in tempo aggiungerei…- sospirò la ragazza. Blair diede un sorso al proprio caffè e guardò l’amica in modo interrogativo.
- L’ho beccato con Jenny che gli stava quasi per saltare addosso…- spiegò la bionda. Blair batté il piede:- Lo sapevo che gli ronzava intorno fin troppo! E tu sempre a fidarti!-
Serena sospirò,il suo sguardo era fisso su dei bambini che giocavano a pochi metri da loro.
- Lo so,sono troppo ingenua per la maggior parte delle volte. Ma in questo caso la colpa non è stata dei miei difetti…è un periodo molto difficile per me Blair,sapessi…-
La mora ebbe una stretta al cuore. Cosa poteva essere successo a Serena?
- Perché non ne parli S.? Non ti rendi conto che ormai ci vediamo con il contagocce e parliamo ancora di meno? Ti ricordi quello che ci siamo dette secoli fa? Al ballo di fine liceo?-
Serena sorrise:- Sì,io e te siamo sorelle…lo so Blair,non ho mai smesso di pensarti come un punto di riferimento,ma me ne sono successe davvero tante e sono stata confusa e poi tu avevi tutti i tuoi guai con Chuck,non volevo appesantirti con i miei problemi…-
- Quindi hai pensato di tenerti tutto per te? Brava…- la rimbrottò Blair,con finta aria di rimprovero. Poi buttò una battuta ironica:- E con chi pensavi di confidarti? Con la tua sorellina/serpe in seno?-
La bionda sorrise:- E va bene Blair…ti racconterò tutto,ma ti avverto : è una storia lunga…-
Blair sorrise,aprendo le braccia:- Tranquilla S., per te ho tutto il tempo che serve…-
Le due ragazze si sedettero su una panchina e lì,in mezzo al Central park,attorniate da persone che vivevano le loro vite,si misero a parlare. Erano un piccolo microcosmo parallelo ad altri piccoli mondi. C’erano ragazzine in libera uscita,coppie,anziani,mamme con i passeggini, salutisti che correvano,persone sfaccendate. C’erano tutti e c’erano Serena e Blair: due amiche da una vita,due persone che non avrebbero mai smesso di volersi bene. Serena parlò a Blair di come aveva trovato sua madre assieme a William,della malattia di Lily,di suo padre che l’aveva seguita,delle reazioni di Rufus,della ricaduta,del riavvicinamento con il Dottor Van der Woodsen,della difficoltà nel parlare con Nate,della paura di perderlo accompagnata dall’impossibilità di esprimersi e poi di come era stato bello aprirsi e ritrovarlo. Anche se adesso la situazione non era più semplice. Certo, il rapporto con Nate era salvo,aveva ritrovato suo padre,ma Lily era malata e Serena si era riscoperta a esplorare per una parte il rapporto con un genitore al quale aveva quasi rinunciato e al sentirsi franare il terreno sotto i piedi pensando alla possibilità che il male di sua madre,quella che bene o male c’era sempre stata,prendesse una brutta piega. Alla fine della conversazione Serena e Blair erano commosse. La bionda,in particolare,aveva gli occhi lucidi. La sua amica l’abbracciò.
-Serena,Serena…scusami,sono una pessima amica…come ho potuto accusarti di non parlare? Adesso mi fai sentire davvero cattiva…-
Serena la strinse a sua volta.
- Tu non potevi sapere Blair…-
Blair abbracciò Serena,le accarezzò le spalle.
- Ti voglio bene-
- Anche io ti voglio bene Blair-
Rimasero un po’ in silenzio,poi Serena parlò ancora:- Ho paura Blair…non voglio che mia madre muoia…- disse Serena con le lacrime agli occhi,manifestando quasi banalmente il proprio pensiero,ma non sapendo parlare in modo diverso da quello così infantile.
- Al tuo posto avrei le stesse paure,è normale e umano ma,razionalmente,ti posso dire che non devi temere,perché comunque è solo una ricaduta e lei sta facendo la chemio ed è seguita dai migliori specialisti…-
A Serena tremava un po’ il mento. Blair le sorrise e le portò una mano alla spalla:- Dai…forza…cosa vuoi fare adesso?- le chiese,incoraggiante.
- Forse voglio tornare a casa- rispose Serena guardando l’orologio- aveva un appuntamento oggi alle quattro per un controllo,quindi dovrebbe essere a casa,voglio stare un po’ con lei sai,per chiederle com’è andata…- spiegò. Blair annuì e sorrise:- Vai da lei…dalle un bacio anche da parte mia-
Fuori dal parco,in attesa dei taxi,le due ragazze si salutarono e,prima di salire sulla propria auto,Serena sussurrò qualche parola di scusa a Blair:- Mi dispiace di non esserci tanto per te in questa fase-
Blair scosse la testa:- Nessuna scusa,per adesso dobbiamo occuparci di te-

Sulla via del ritorno,Blair si fermò di fronte alla vetrina di casa. Non entrò nella prestigiosa gioielleria ma rimase ferma a guardare la vetrina. Era quasi il tramonto e lei si sentiva in un perfetto remake del suo film preferito. Quante volte aveva sognato di essere sul set di questo o quel film di Audrey! Blair sospirò. Era tutto così diverso ormai,tutto così lontano dai tempi in cui viveva la propria vita come un film! La sua favola era finita e lei non sapeva neppure quando,di preciso. Negli ultimi giorni pensava a Chuck,come sempre,ma non come a una felicità perduta. Le mancava ma non era un sentimento assoluto. Blair aveva scoperto un nuovo mistero: una delle cose che non erano andate nel rapporto con il giovane Bass era che,senza colpa di lui,lei non era più stata quella di prima. Paga del suo rapporto con lui,aveva rinunciato ai propri sogni,aveva accantonato certe aspirazioni: Yale in primo luogo. Questo non andava bene. Aveva amato Chuck e in cuor suo lo amava ancora ma,chiudersi in quel rapporto convincendosi di avere già tutto,era stato un grave errore. Blair considerò un paio di bellissimi orecchini esposti in vetrina ed ebbe una stretta al cuore alla vista di un collier esposto accanto a questi. Era così simile a quello che Chuck le aveva regalato per il suo diciassettesimo compleanno. Collier,vestito,foto e altri oggetti erano ben custoditi nella scatola che Dorota aveva saggiamente salvato dal raptus di rimessione di Blair. In quel momento erano nascosti in qualche angolo segreto della casa che solo la cameriera polacca conosceva. A Blair andava bene così. Voleva sapere che i suoi ricordi c’erano da qualche parte,ma per il momento non voleva vederli. Forse gli avrebbe fatto più male rivederli un giorno e certamente non poteva sapere se era meglio lasciarseli sotto gli occhi,dilaniandosi di continuo,per poi rischiare di finire di guardarli con indifferenza prima o poi o metterli via per un po’,preservandoli dall’erosione del tempo. Queste considerazioni furono interrotte repentinamente.
- Quando troverò un posto al mondo che mi faccia stare bene come Tiffany,comprerò i mobili e darò al Gatto un nome…giusto?- le sussurrò una voce alle spalle. Blair si voltò di scatto.
- Tanto non ci credo che lo hai visto…- soffiò
-effettivamente no- rispose l’uomo con tranquillità- ma quando non ho niente da fare leggo Wikiquote-
Blair fece un sorrisetto ironico:-Strano,credevo che nel tempo libero preferissi fare lo stalker ai miei danni-
- Spiritosa- rispose lui. Stava qualche passo dietro di lei,con le mani nelle tasche della giacca e gli occhiali da sole sul naso,benché fossero quasi le sette.
- Sei foto fobico,Jack?- gli chiese Blair,continuando sull’onda delle battute sarcastiche.
- Solo abbagliato dalla tua bellezza-
Blair arricciò le labbra:- Già…cosa ti porta qui adesso?-
- Ci credi se ti dico che passavo di qui per caso?- le chiese,un po’ retorico.
Blair lo guardò con lo sguardo di una che faceva una concessione:- Sì,ma solo perché sarebbe grave se mi avessi pedinata. In quel caso ti consiglierei seriamente il ricovero in clinica psichiatrica…-
Jack sorrise:- ma adesso che ti ho vista qui in giro,tutta sola,ho pensato bene di invitarti a bere un drink-
- Invito che puoi anche risparmiarti visto che,ti avverto,ho intenzione di declinarlo con energia- lo freddò lei.
- Sei cattiva con me,Blair…- disse Jack. Blair inarcò un sopracciglio:- parli tu a me di cattiveria? Devo forse ricordarti quello che tu hai fatto di recente?-
Jack si fece un po’ più serio:- Tu sei arrabbiata con me per quello che ho fatto,ti atteggi a moralista ma così mi costringi a ricordarti che né tu né Chuck siete stati propriamente dei chierichetti in quel frangente e che,probabilmente,al mio posto avreste agito ugualmente se non peggio-
Blair non rispose,Jack l’aveva zittita. In fondo non aveva torto e questo era anche il motivo per cui lei aveva lasciato Chuck. Era stata disposta a passare troppe volte il limite accanto a lui.
- Questo silenzio è un modo per darmi ragione?- chiese Jack,riprendendo con il tono di scherzo. Blair lo guardò male:- Forse…ma è anche per questo che mi sono allontanata da Chuck,perché io non sono mai stata corretta,meno che mai negli anni scorsi,ma c’erano dei limiti che non mi sarei mai sognata di superare prima di incontrare lui…- rispose.
Jack annuì.
- Vedi che ho ragione. Ho avuto ragione su tutto…-
- Non lodarti troppo Jack,tu sei esattamente come lui con la differenza che stare lontana da te non mi costa nessuna fatica-
- Ma io non voglio che tu mi stia troppo vicina,voglio solo bere qualcosa con te stasera…- cinguettò lui.
- Non hai altre ragazze da invitare?- chiese Blair- magari donne della tua età?- aggiunse con una punta di cattiveria.
Jack fece una pausa,si tolse gli occhiali da sole,li ripose nella tasca della giacca grigia e poi le rispose:- Si da il caso che siano tutte impegnate-
Blair era giunta alla soglia della sopportazione:- Che peccato,si da il caso che lo sia anche io- rispose e si allontanò da lui.
- Quando sarai libera?- le urlò dietro
- Per te mai Jack,buona serata…- rispose lei allontanandosi. L’uomo rimase fermo a guardarla che si allontanava. Fece spallucce. Avrebbe bevuto il suo drink da solo e rimorchiato qualche ragazzetta al bar,quelle non gli mancavano mai.
Blair tornò a casa pensierosa. Ancora una volta Jack l’aveva sorpresa. Si comportava come se volesse dimenticare il passato,faceva il cascamorto e ignorava i suoi rifiuti. A Blair non piaceva questo meccanismo di rimozione che aveva attuato,in più gli portava troppo rancore per tollerare l’idea della sua presenza. Lei non ne voleva sapere di lui e non si fidava. L’ultima volta aveva finto di voler barattare l’albergo per una notte con lei,ma era stata solo una ,manovra per minare al suo rapporto con Chuck. Era palese che Jack odiava Chuck. Blair era convinta che lui stesse fingendo di corteggiarla per fare in modo che li fotografassero insieme,che Chuck li vedesse e si rodesse. Quale bella rivincita per Jack? Sbattere in faccia all’odiato nipote una relazione con la sua unica e importantissima ex? Ma Blair non voleva che Chuck soffrisse e men che meno che lui la credesse incoerente rispetto alle cose dette pochi giorni prima,che pensasse lei volesse riprendere a giocare al gatto e al topo,per di più in modo così meschino.
 
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16 replies since 21/4/2010, 12:21   8947 views
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